Per un "ambiente" di Thea Blaas
Sono lieto di introdurre l attuale mostra di Thea Blaas all Art Forum
Gallery di Merano, presentata dall esauriente saggio di Claudio Cerritelli
che ne approfondisce l esame di forme e contenuti, in cui affiorano e si
affermano, più complessi e universali motivi umani ed artistici.
In un ambiente dove le immagini si riflettono su una superficie specchiante
verità e menzogna, si susseguono nella ricerca della luce spogliata
di ogni significato e di ogni concetto o formulazione naturalistica, come
senso della vita. La contraddizione fra queste opere ed altre precedenti
dell artista, nelle quali l esistenza non si limitava a superare la morte,
ma era vita nella morte, è solo apparente infatti, in ambo i casi,
non si tratta semplicemente di una vita biologica ma del senso di un passaggio
terrestre e della volontà di scoprire e far scoprire la grandezza
solitaria dell individuo. Il tentativo di spiegare psicologicamente le
opere realizzate da Thea Blaas, non estranee alla contemporaneità,
per quanto riguarda il loro aspetto, dovrà tenere conto sia del
valore emotivo, oltre che estetico, che le ha promosse come delle riflessioni
del pubblico al quale sono destinate.
Pier Luigi Siena
Direttore Museion Bolzano
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1. TRAPARENZE DI LUCE CROMATICA
Esperienze degli anni Novanta
Nella ricerca di Thea Blaas si è sempre realizzata un attitudine
sperimentale che ha consentito all artista di elaborare un pensiero estetico
costruito su diverse relazioni dei materiali con l ambiente.
La concezione del linguaggio come esperimento giocato su diverse ipotesi
spaziali ha accompagnato il lavoro di Blaas fin dal suo iniziale tirocinio
formativo all Accademia di Brera, dedicato alle verifiche delle tecniche
creative e ad un sostanziale superamento del loro specifico perimetro disciplinare.
Se il colore ad olio, l acquarello, l acrilico, la tempera murale sono
materie che esprimono esperienze necessarie alla coscienza del puro valore
cromatico, è solo con l uso di nuovi materiali che Blaas sposta
il campo d azione verso una differente costruzione spaziale.
Metalli, specchi, reti, stoffe, plexiglas, neon e pigmenti entrano in scena
come elementi che mescolano diverse energie e che, nel loro incontro, affermano
una nuova funzione immaginativa.
In questa ricerca di tensioni tra materiali differenti l artista cerca
le tracce della propria identità realizzando immagini generate in
rapporto alle funzioni del corpo e della mente, forme misurate reciprocamente
come presenze in bilico tra peso e trasparenza.
"Cubo" oppure "Guscio aperto", 1993, sono opere che esprimono una definizione
"minimale" della forma, un valore elementare della visione, esse sono racchiuse
nella primarietà della geometria solida: una parte esterna circoscritta
dall uso della rete metallica e un estensione interna che ingloba tutte
le tensioni possibili.
In queste ricerche Blaas non si adegua ai modelli linguistici del neo-minimalismo
che esplode nella cultura internazionale degli anni Novanta. Non vi aderisce
perché l uso primario di cubi e di parallelepipedi non nega il valore
sensoriale ed emotivo della forma, semmai ne esalta la presenza proponendo,
attraverso l uso dello specchio, una sorta di sdoppiamento dello spazio:
una risonanza, un eco, un rispecchiamento tra l occhio e la mente.
Il cubo non deve essere appoggiato sullo specchio û ha precisato
l artista- ma sospeso in modo che si possa vedere bene il suo internoô.
Del resto, questa parte interna è la condizione per immaginare uno
spazio virtuale che si dilata non solo grazie agli effetti di riflessione
dello specchio ma anche per via immaginativa, attraverso il sogno della
materia che produce allusioni, evocazioni, sconfinamenti, proprio a partire
dalla certezza dei dati fisici.
Che l artista sia interessata al concretizzarsi di una forma e al suo
rivelarsi attraverso il fascino dei materiali lo si può capire in
un opera come "Protezione", un immagine inconsciamente ispirata ad alcune
istallazioni degli anni Settanta di Luciano Fabro, il cui corso all Accademia
di Belle Arti di Brera Thea ha seguito con grande interesse tra il 1989
e il 1993.
La sensualità della stoffa si sposa con il rigore della
struttura metallica che la contiene, come un alone trasparente che galleggia
nel vuoto. Nel color porpora la luce genera le ombre delle pieghe mentre
la trama metallica crea vibrazioni ed effetti ottici che filtrano lo slancio
di questa seducente visione.
La "trasparenza" è uno dei temi preferiti da Blaas, è
un modo di affrontare la visione dei materiali, in modo particolare attraverso
l uso della rete metallica, di diversi spessori e dimensioni, abbinata
ad altre soluzioni che mescolano la luce naturale e quella artificiale.
Alla trasparenza si affianca il meccanismo della riflessione e l effetto
raggiunge esiti di particolare efficacia quando dietro la rete agisce la
presenza dello specchio che duplica, dilata, espande la luce e la proietta
oltre il perimetro dell opera.
L intenzione è quella di suggerire una sintesi tra luce e ambiente,
un rapporto tra l esperimento dei materiali e lo spazio circostante, in
modo da offrire allo spettatore un immagine sospesa, la sensazione di un
äoltreô rispetto al quale lo sguardo non ha possibilità
di controllo, rimane incantato, sospeso, interrogando se stesso.
I valori della fisicità, l idea del corpo come misura di tutte
le cose e il senso tattile della luce sono esaltati in questa concezione
dell arte che stabilisce un rapporto variabile tra l analisi concettuale
dell immagine e la verità sensoriale dei materiali sollecitati ad
esprimerne il significato.
Queste ricerche non esprimono la supremazia di uno stile quanto il
processo dell indagine con cui l artista, volta per volta, sceglie la forma
in relazione al materiale necessario al coinvolgimento visivo.
Nel caso di opere come äSaturnalisô, äMensalisô,
äCaephalicaô, realizzate tra il 1994 e il 1995, l idea di utilizzare
dettagli di impronte su fogli lucidi richiede l uso della luce al
neon come mezzo per staccare la superficie dalla parete e farla galleggiare
nel vuoto. L effetto desiderato è quello di uno spazio smaterializzato,
un luogo della mente entro il quale i segni digitali del corpo diventano
percorsi cosmici, traiettorie vaganti alla ricerca di un äaltroveô,
una zona non definibile. Blaas persegue la visione attraverso l ingrandimento
di minimi particolari, come un viaggio all interno della materia, dentro
la pelle del colore-luce.
In "Flusso vitale", 1995, la metafora vitalistica assume un evidenza
spettacolare nel congiungersi di alcuni materiali fondamentali come il
plexiglas, lo specchio ed il neon, elementi di forte impatto che intendono
esprimere una logica di reciproca esaltazione.
La visione frontale di questa icona tecnologica fa pensare ad un luogo
da contemplare, in realtà il divenire della luce specchiante e di
quella diffusa crea l effetto di una zona instabile dove la tensione percettiva
è molto più vasta di quella che, in apparenza, si quantifica.
Apparenza: questo termine è in grado di cogliere un altro aspetto
su cui Blaas insiste, attraverso una serie di operazioni che costringono
lo sguardo a misurarsi sulle proprie capacità percettive, al di
fuori di qualunque contenuto rappresentativo.
Dal 1995 in avanti l artista costruisce quadri luminosi che mostrano
effetti di luce pura, vissute come zone di potenziamento della superficie.
"Luce rosa", 1996 è visibile nella sua forma elementare, come pura
essenzialità cromatica.
A rafforzare il senso del colore contribuisce il nutrimento dell effetto
neon, a cui l artista affida la funzione di creare un leggero spaesamento
metafisico del quadro sulla parete.
Il filo di luce gassosa alleggerisce la presenza della cornice di ferro,
pensata come un limite che sottolinea se stesso e, nel contempo, come un
perimetro da superare, verso una visione ambientale.
Il medium fisico del neon crea un confine tra interno e esterno, indica
un tempo sospeso tra reale e mentale, una temporalità che, pur nella
sua astrazione, esprime un esperienza percettiva legata ad uno spazio concreto.
Nel corpo dell opera l idea del vuoto si materializza nella luce, diventa
luogo del pensiero e delle sue relazioni con il mondo.
Alla natura tecnologica di questi sistemi d immagine Blaas accompagna
talvolta l uso del sonoro, la registrazione di sibili, la presenza di rumori,
talvolta anche il valore specifico della musica che conferisce alle istallazioni
non solo un estensione uditiva ma anche una dilatazione spazio-temporale.
Gli elementi visivi (forme, linee, specchi, metalli) sono coinvolti
nel flusso sonoro che si articola come linguaggio autonomo che dialoga
con l opera attraverso ritmi e tonalità, entro ed fuori dello spazio.
L esigenza del suono non è da sottovalutare, è un divenire
acustico che interferisce sul piano visivo e crea una dimensione dove sonoro
e visivo sono in reciproca vibrazione.
Con questi nutrimenti immaginativi la ricerca che Blaas conduce negli
anni Novanta esprime lo sforzo di confrontarsi con la globalità
dei mezzi (dai tradizionali pigmenti alle nuove tecnologie).
Il lavoro dell arte coinvolge molteplici piani di lettura, è
opera aperta, zona fluttuante dove istinto e ragione sostengono il medesimo
progetto creativo. Con questo spirito Thea affronta ogni impegno
espositivo come esperienza che in sé riassume i percorsi del passato
e i progetti del futuro, con il rigore e l entusiasmo di chi concepisce
l arte come spazialità complessa che si realizza attraverso il comportamento
del fruitore.
RIFLESSI D ANIMA
Installazione 2001
La struttura della mostra che Blaas ha ideato per quest occasione risveglia
modalità e strumentazioni che, pur già sperimentate nel corso
degli anni Novanta, si affacciano sulla soglia del presente come
modelli di comportamento pronti ad agire con nuovo entusiasmo verso l idea
di arte ambientale.
Del lavoro precedente permangono elementi ben riconoscibili: l uso
della fotografia, gli effetti dello specchio, la trasparenza del plexiglass,
il rapporto tra parola e immagine, il coinvolgimento fisico dello spettatore,
la dimensione interattiva delle forme, il convergere simultaneo dei sensi,
la sinestesia tra vista, udito e tatto.
Il progetto espositivo per äartForumô di Merano rappresenta
una svolta nel percorso di Blaas nel senso che esso condensa un pensiero
visivo più complesso e ambizioso di quanto sia stato elaborato nelle
istallazioni realizzate negli anni Novanta.
L artista ha progettato la totalità ambientale come un
gioco di calcolate corrispondenze tra la grande composizione di specchi
che occupa una parete intera della galleria e la presenza del pubblico.
Il rapporto arte-pubblico nasce, si sviluppa e si espande tra la composizione
di specchi, le fotografie e il movimento dei visitatori. Da questa
dialettica si crea la possibilità di inglobare nell immagine riflessa
sia il pavimento che il soffitto, intesi come dimensioni topografiche che
diventano estensioni della mente, ribaltamenti della percezione, sconfinamenti
dello spazio nello spazio.
La struttura della mostra è apparentemente razionale, in effetti
l uso evocativo delle poesie si pone come un percorso emozionale
che accompagna tutti i momenti dell installazione. Thea ha scelto versi
poetici che indicano un rapporto preciso con le quattro immagini fotografiche
che sono collocate sulla parete opposta agli specchi.
Il carattere iperrealista delle foto, la precisione millimetrica dei
tratti somatici, la grana della pelle, la definizione visiva dei capelli,
e ogni altro dettaglio, esaltano la presenza dei volti, la loro espressione
quasi icastica.
In alto, i due volti hanno gli occhi chiusi in atto di concentrazione
e di contemplazione della propria interiorità, in basso gli sguardi
si rivolgono verso le parole disposte ritmicamente sugli specchi, quasi
per volerle leggerle, assimilare, interiorizzare, recependo il candore
della poesia e i suoi significati segreti.
La scelta delle tre lingue è testimonianza della composita identità
culturale dell artista, nella lingua ätedescaô viene espresso
il desiderio del sorriso che entra nel volto di ognuno, in quella äladinaô
si esalta la leggerezza e la luce, vale a dire il sogno di uno spazio infinito,
nella lingua äitalianaô si immagina una lacrima che cade
nel mare dopo aver attraversato gli eventi fugaci della vita.
Questi versi scritti sugli specchi diventano immagini senza radici
che tuttavia stanno impresse nella coscienza dell artista, come un dialogo
tra eventi immaginari e situazioni legate alla cruda realtà.
La scrittura delle poesie è trasparente, il carattere tipografico
non disturba il piano percettivo totale, il tono dei versi è una
voce incantata che attraversa lo spazio, silenziosa ma al tempo stesso
decisa nel dichiarare la sua necessaria presenza.
La parole poetiche fluiscono, si interrompono e ricominciano il loro
percorso stimolando un processo percettivo che tiene legate le diverse
lingue, pur rispettando la diversità del loro significato.
Gli spettatori sono nel mezzo di questa azione tra l artista e la riflessione
degli specchi, tra le parole e le immagini, tra il pieno e il vuoto, tra
la voce e il silenzio. Essi si osservano riflessi nello specchio e, nello
stesso istante, vedono lo specchio che raccoglie tutto quanto avviene nell
ambiente, al di là del singolo punto di vista. Gli specchi rivelano
ogni minima presenza che attraversa il loro raggio d azione, registrano
i movimenti dei corpi, le loro interferenze, nulla può essere nascosto
o può perdersi alla vista totale dell installazione.
Sulla parete di fondo della sala c è, infatti, un altra possibilità
di registrare l evento, di replicarlo, di sdoppiarlo: si tratta di un punto
di vista diverso dai precedenti, un occhio totale che riprende il
tutto. L immagine dell ambiente viene fissata riducendo l effetto
di riflessione che si accorciato, si stringe, fino alla distorsione.
A questo punto di vista si aggiunge una ulteriore registrazione visiva
dovuta ad un mezzo esterno (una video-camera) che non sta nell opera, non
può considerarsi interna al progetto dell installazione, ma esercita
il ruolo di ripresa tecnica dell evento: registrazione del rapporto tra
spazio espositivo e pubblico, dunque semplice testimonianza di quanto accade
nella galleria.
A questo punto, al di là dell impatto visivo, va considerata
un altra componente cara alla poetica creativa di Blaas, vale a dire la
concomitanza di effetti sonori, già sperimentati in alcuni sistemi
percettivi degli anni recenti ma raramente portati verso l efficacia che
si avverte in questa installazione.
Attraverso un microfono posto in un punto della galleria vengono catturati
suoni e rumori come estensioni del corpo, i passi, le voci, i movimenti,
lo stropiccio delle scarpe, dei vestiti, dei corpi che si toccano, si sfiorano:
si tratta di fare entrare nell installazione quegli aspetti profondi e
viscerali, imprevedibili e instabili che contrastano con la concezione
razionale dello spazio.
Un campo sonoro intriso di sensazioni tattili avvolge il tutto, i linguaggi
sono circolarmente presenti gli uni agli altri, ci si trova di fronte ad
un crescendo di vibrazioni acustiche, di minimi effetti sonori, di frammenti
di voci che provengono dall interno e che si diffondono verso l esterno.
Non è necessario che lo spettatore sappia quello che succede,
l importante è che il suo intervento produca il senso dell opera,
che il suo corpo sia subito coinvolto nel campo fisico della mostra, fin
dal momento in cui entra in galleria.
Il pubblico rende vivo lo spazio, la sua presenza spontanea offre una
risposta non premeditata al progetto razionale, costruttivo, sistematico
della scena ambientale.
La consapevolezza di questo coinvolgimento si rivela gradualmente,
la vitalità dell evento cresce in tempo reale, come un territorio
in divenire che si trasforma nel rapporto con gli spettatori.
Oltre alle sonorità prospettiche create dalla presenza delle
persone Thea crea ulteriori materie acustiche, eventi sonori registrati
che irrompono nello spazio come, per esempio, il suono di un bicchiere
che cade e si frantuma. Il rumore del vetro coglie di sorpresa chiunque,
spiazza le attese percettive, ognuno si guarda intorno alla ricerca dei
frammenti, di qualche indizio che possa essere collegato a quel rumore,
all oggetto frantumato, alle schegge sul pavimento.
Il senso dell udito coinvolge l insieme visivo, l intenzione è
quella di sollecitare la totalità dell atto percettivo come qualcosa
di razionale e di emotivo, di analitico e di sensuale, di vicino e di lontano,
di concreto e di astratto.
Del resto, Blaas crea questo meccanismo polisensoriale sempre
in funzione della percezione della luce che rappresenta una delle esperienze
più intense della vita: la luce è un percorso di cui non
conosciamo perfettamente le tappe ma di cui avvertiamo la necessità.
L importante è creare immagini attraversate da energie reali e virtuali,
visioni che nascono dall intersecazione di spazi, forme capaci di congiungere
punti di vista opposti.
A questi obiettivi Thea Blaas ha puntato nella realizzazione di questo
progetto, ben sapendo che l intensità spaziale non è mai
garantita dalla semplice convergenza dei singoli linguaggi ma dalla capacità
di far scaturire dal loro incontro un percorso aperto a veloci spostamenti
di senso, dove lo sguardo sa essere al tempo stesso analitico e sognante,
lucido e immaginativo.
Claudio Cerritelli